giovedì 17 aprile 2014

nuvole rapide

L'odore che mi sta accompagnando, in questi miei primi giorni a Moris (nome creolo per Mauritius) è quello del pesce secco, del tonno per la precisione. Molti storceranno il naso, ma è il primo odore forte che ho sentito mentre passavo con il taxi. In effetti c'era da tapparselo, il naso, non è proprio quello che sceglierei per profumare casa mia, proprio no. E' stato oggetto di molti litigi, sul fatto di voler chiudere queste industrie perché tutto facevano fuorché aumentare il turismo, ma grazie (o per colpa, a questo punto), del fatto che sarebbero stati buttati molti posti di lavoro, si è deciso di tenerle.
E così, se passi dall'autostrada, direzione nord-ovest, casermoni con il tetto in lamiera e odore di pesce. Accattivante, no?

A dirla tutta, insieme alla pioggia che mi bagnava la testa perché il taxista aveva entrambi i finestrini abbassati, ed hai voglia a chiedere di tirare su perché l'umidità era impressionante, avevo già perso il mio piccolo ciondolo a forma di Africa in aeroporto a Milano, e di questo ringrazio pubblicamente gli addetti al metal detector, perché se sei meno di un metro e ottanta e per caso stai ritardando a consegnare il cassettino in cui riponi orecchini e ciondoli vari, perché stai appunto tentando di agganciare l'agganciabile, sembra che tu dia fastidio come la sabbia nelle mutande; last but not least, a Dubai ho pensato bene di chiudere con ritrovata energia la cerniera del mio bagaglio a mano, che si è rivelato essere una delle mie borse preferite ever, che si è rotta, ovviamente.
 
Incasso e vado avanti, in fondo le sfighe sono altre.

Il mio appartamento si trova appunto nel nord di Mauritius, a circa venti minuti da Port -Luis, la capitale di questo mix di culture occhi lingue cucine, definita da tutti i maggiori siti come un vero e proprio gioiello incastonato nell'Oceano Indiano.

La storia vuole che l'isola fosse sconosciuta ai più, e coperta da dense foreste. Arabi prima e portoghesi poi, qui sbarcarono, ma erano poco interessati alla conquista di questo piccolo sputo che oggi conta circa 1milione 400mila e rotti abitanti, chiamandola prima Dinarobin, - arabi- e poi Cerne- portoghesi.

Nel 1598 gli olandesi pensarono bene di venire a fare un giro da queste parti, e come tutti i nuovi giocattoli, luccicanti e mai provati, restarono qui fino al 1713; oltre a dare il nome all'isola, per onorare il loro principe Mauritz de Nassau, portarono quello che era il loro mondo, e nuove specie animali e vegetali. Quando se ne andarono, lasciarono il vuoto, come i Lanzichenecchi.
Certo, lasciarono la canna da zucchero, di cui rimangono verdi e lussureggianti piantagioni, ed il cervo importato dall'isola di Java, ma ridussero la popolazione in schiavitù, distrussero le foreste di ebano nero e soprattutto con loro scomparve, onta suprema che l'isola fatica ancora a mandare giù, un piccolo pennuto (peso accertato 22 kg),- il cui nome fino a ieri per me altro non significava se non una marca di braccialetti ed annessi.-
Sua altezza reale, il DODO, di cui recenti studi hanno riscontrato la parentela con la famiglia dei piccioni (a me sembra più una poiana, comunque).

foto presa per gentile concessione del custode, perché sono una visitatrice disciplinata

Questo racconta il museo delle Scienze Naturali di Port- Luis, piccolo edificio dall'austera architettura nel centro della città.
Un museo che racconta e preserva il patrimonio faunistico dell'isola, con un'ampia sezione dedicata al Dodo, appunto, animale che oggi ne è il simbolo stesso, la cui immagine troneggia sui francobolli, sulle monete, sulle cartoline e sulle magliette. Da bestia estinta ad icona pop, il passo è breve, anche se ci sono voluti quasi due secoli.

Elena ed il Dodo: due icone (non sempre) pop a confronto


Attorno al museo, come in un girotondo tematico, imponenti piante tropicali, chiamati "fausse" (francese), dalle enormi e nodose liane, che a loro volta fanno da cornice ad una serie di giardini, il più bello dei quali, a parer mio, si chiama il Giardino della Compagnia, Traveller's Lane, un piccolo parco con sculture animali e piccoli obelischi, le cui indicazioni sono costituite da testi di scrittori di epoche diverse che ricordano l'isola, la sua culture ed i suoi abitanti.

Traveller's Lane

Giardino della Compagnia


 
Gli altri parchi sono separati l'un l'altro da strade caotiche, piccole e multicolori, dove il passagio pedonale è spesso distinguibile perché ci sono piccole piastrine rettangolari all'incrocio con i semafori.
E proprio mentre vagavo da un parco all'altro con il naso all'insù, dopo aver inanellato una serie in fila di 3 acquazzoni, mi sono trovata fra i piedi un fiore di frangipane, il mio preferito. Sembra che dovunque vada, me lo ritrovi.
 
E proprio il fiore di frangipane è stato l'inizio della mia conoscenza con Madame Breville, che insieme al marito Tristan, famoso narratore e custode delle memorie dell'isola, nonché eccellente fotografo, sono i proprietari della collezione privata che costituisce il Musée de la Photographie, nato nel 1966.
 

.Questo stanzone non è neanche segnalato dalla Lonely Planet, l'ho scoperto veramente per caso, ma è piccolo ed accogliente, e trasmette l'attaccamento alla maglia, ovvero il loro amore per la loro terra natìa
La signora segue con pazienza le mie domande ed i miei passi, in un muoversi di dagherrotipi (non tralasciando, con malcelato orgoglio, che il primo dagherrotipo è stato acquistato a Parigi proprio da un suo concittadino) e foto dell' epoca, mi mostra come è cresciuta la città, come sono cambiati i suoi luoghi, ed il bianco ed il nero che hanno lasciato spazio al colore, ed il metallo che è diventato pellicola, e la pellicola che è diventata la mia macchinetta nuova di pacca, che vediamo quanto dura.
 
Spero che almeno duri il tempo di questo viaggio.

Forte come l'umidità che sale dalla strada, complicato come solo certi tipi di viaggiatori sanno essere.

Bagnato come le mie scarpe dopo l'acquazzone, come le infradito zuppe che ho incrociato mentre saltavano i canali di scolo.

Detestabile come il primo odore che ho sentito.
Imprevedibile, come tutti i viaggiatori sanno essere.

end part 1
(to be continued)






 

Nessun commento:

Posta un commento